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Oggetto recensito:
“La fuga in avanti” di Manolo Morlacchi, ed. Agenzia X
di: Davide Steccanella




Si tratta forse del libro più “controcorrente” che abbia mai letto in vita mia nel senso che risultano completamente assenti tutti quei classici “luoghi comuni” che fanno prima o poi anche involontario “capolino” allorquando qualcuno decide di raccontare la propria o la altrui vita.

“La fuga in avanti” è la storia nuda e cruda di una grande famiglia proletaria milanese che attraversa da protagonista le tappe più significative del dopoguerra italiano, è la storia incredibile dei dieci figli superstiti di Remo e Gina Morlacchi vista attraverso gli occhi del piccolo Manolo, classe 1970, occhi che ne hanno viste, è il caso di dirlo, di tutti i colori, ma che ciò nonostante non hanno mai smesso di volere… guardare.

Figlio maggiore di Pietro detto Pierino (morto nel 1999) e di Heidi Ruth Peush (morta nel 2003), cresciuto ed allevato insieme al fratellino Ernesto (classe 1974) in più momenti dai tanti zii e dalla nonna Gina, Manolo descrive le incredibili vicissitudini di una famiglia “allargata” ma cementata da un amore totale ed incondizionato che non ha mai smesso nel suo privato di restare unita anche quando alcune “scelte” pubbliche di alcuni suoi membri ne hanno messo a dura prova la resistenza.

E’ un libro che ha una sua epicità negli accadimenti più che nei toni, mirabilmente privi di alcuna iperbole, e dove compaiono testimonianze preziose perché dirette e prive di sovrastruttura alcuna, su alcuni dei più abusati cliché della storia moderna come il viaggio dello zio nella Cina di Mao nei primi anni sessanta o il vano tentativo di ottenere asilo politico nella DDR comunista nei primi anni settanta dalla famiglia di Manolo in fuga dall’Italia.

Il centro della storia è il quartiere milanese periferico del Giambellino dove si consumano, nel trapasso dagli anni sessanta ai settanta, alcuni dei più importanti fenomeni generazionali che contrassegneranno la storia del nostro paese, dallo strappo con il PCI paludato alla lotta armata fino alla degradata realtà dell’oggi così sapientemente descritta, qualche anno fa, dal film “Fame chimica” che pure si riferiva al diverso quartiere della barona.

Manolo è il figlio di Pierino Morlacchi uno dei fondatori storici, insieme a Renato Curcio, delle Brigate rosse originarie e che passerà per questo fatto la gran parte della propria vita in carcere senza agevolazioni e senza proclami anche se non ha mai compiuto azioni di sangue visto che è riparato all’estero nel 1974 per essere estradato e incarcerato nel 1975 e quindi nuovamente arrestato nel 1980 mentre stava attaccando dei volantini e definitivamente scarcerato nella primavera del 1987, quando oramai come noto il periodo della lotta armata era da tempo finito.

Anche altri fratelli di Pierino pagheranno un pedaggio pesante alla loro scelta di militanza comunista come a quei tempi era intesa da parte di molti, ma il nucleo familiare a subire il più feroce contraccolpo di così tanti anni “duri” sarà proprio quello di Manolo nonostante traspaia dal racconto, spesse volte anche molto commovente, del figlio, il grandissimo amore che ebbe a legare i suoi genitori entrambi impegnati in una lotta che in quegli anni non faceva sconti a nessuno, e la frase forse più bella del libro la si trova proprio nella narrazione dell’ultima fase della vita di Pierino, quando Manolo amaramente scrive “uno dei retaggi più evidenti di quel periodo è stato questo: lo stato riuscì a distruggere la dimensione sociale dei compagni che avevano osato dare l’assalto al cielo”.

Ma questo libro-diario, oltre ad essere bellissimo, sia per la storia che racconta sia per il “come” lo fa, presenta anche alcune caratteristiche peculiari che, come si diceva all’inizio, lo rendono del tutto diverso dai tantissimi libri che in questi anni hanno cercato di raccontare dai vari e magari opposti punti di vista, il complesso fenomeno degli anni settanta in Italia.

Per prima cosa esistono tanti saggi o commentari piuttosto che autobiografie di protagonisti su diversi fronti di quella guerra o racconti di vittime e di figlie di vittime, ma “La fuga in avanti” mi risulta a tutt’oggi essere il primo ed unico libro scritto dal figlio di un militante armato, e questo rende il libro particolarmente genuino ed autentico sin dalla sua genesi, perché non nasce da alcuna finalità diversa da quella del mero racconto, visto che Manolo non deve “giustificare” o “rinnegare” o financo “esaltare” una propria scelta.

In secondo luogo ci fornisce una testimonianza unica di come furono quegli anni per chi li visse da bambino e quindi da adolescente “dall’altra parte della barricata”, e così questo libro fornisce anche una delle più straordinarie testimonianza di amore filiale che mi sia mai stato dato di percepire perché il sentimento che permea la intera odissea di Manolo è il costante e mai messo in discussione, neppure nei momenti più drammatici, tra cui anche uno scontro fisico con il padre incapace di riadattarsi ad una realtà diventata troppo diversa da quella che aveva lasciato per troppo tempo, non solo grande affetto ma anche l’assoluto rispetto per due genitori che hanno pagato sulla propria pelle, e più di tanti altri, una loro inarrestabile pulsione a combattere quello che hanno sempre ritenuto in totale buona fede essere un mondo profondamente ingiusto.

Questo importantissimo libro, uscito qualche anno fa tutto sommato in sordina, ad ulteriore conferma che si collocava al di fuori da ogni possibile…”coro”, ha finito con il diventare a sua volta un pezzo di storia che ancora oggi continua, giacchè ha costituito successivo pretesto per arrestare un anno fa il suo giovane autore che si è trovato così a trascorrere alcuni mesi in prigione fino a che, meglio tardi che mai, la Cassazione non ha statuito che, come cantava Guccini, “non è possibile rinchiudere le idee in una galera” .

Manolo Morlacchi risulta tutt’oggi sotto processo a Roma nel procedimento a carico di Fallico più altri, e la registrazione delle udienze in corso avanti alla 1° Corte di Assise di Roma sono scaricabili dal sito web di radioradicale: se ne sconsiglia tuttavia caldamente l’ascolto a chi magari possiede ancora un qualche minimale rudimento del cosiddetto diritto.





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